I droni hanno cambiato il modo in cui i ricercatori studiano le balene e i delfini. Una volta eravamo confinati sui ponti delle barche e sulle piattaforme di osservazione, avvistando solo la schiena degli animali che emergevano in superficie, ma ora possiamo osservarli dall’alto. Ottenere una vista a volo d’uccello sulle balene e sui delfini ci ha già insegnato molto sulla loro fisiologia e comportamento.

Tuttavia, c’è un lato oscuro dell’uso dei droni nella ricerca marina.

La ricerca di dottorato a cui ci riferiamo, riguarda il comportamento delle balene beluga nell’estuario del fiume San Lorenzo. I ricercatori uniscono preparazione scientifica e centinaia di ore di esperienza come piloti di droni, volando sopra questi incredibili animali. “Come studente di dottorato presso l’Università di Windsor, utilizzo i filmati dei droni di queste balene per aiutarci a comprendere meglio il loro comportamento e la loro struttura sociale, in particolare le differenze tra maschi e femmine” dice Jaclyn A. Aubin, PhD candidate, Integrative Biology, della University of Windsor .

“Mentre osservavo il comportamento degli animali nel corso della ricerca con i droni, ho notato che a volte sembrava che i droni disturbassero i beluga. Altri colleghi hanno osservato improvvisi schizzi, in cui si notava che la maggior parte degli animali sotto il drone si tuffava improvvisamente. Queste reazioni sembravano essere particolarmente comuni quando il drone veniva pilotato a basse altitudini, attorno ai 20 metri sopra l’acqua”.

La preoccupazione maggiore per i ricercatori è stata quantificare l’impatto negativo dell’uso di queste nuove tecnologie sul comportamento degli animali e su possibili conseguenze sulla loro fitness riproduttiva. 

È stata condotta una ricerca sull’impatto delle osservazioni e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista “Marine Mammal Science”. Sono state esaminate se una serie di variabili relative al pilotaggio del drone avessero un impatto sulla probabilità che i beluga rispondessero al drone.

Sono state previste maggiori risposte al drone durante sorvoli a basse altitudini, all’aumentare della velocità e del rumore delle eliche, agli avvicinamenti frontali, quando la velocità del vento era bassa (rendendo il drone più facile da sentire) e al primo volo del giorno.

È stato osservato un comportamento di allarme delle balene in piccoli gruppi, in presenza di cuccioli e durante i momenti di riposo. 

È stato scoperto che le immersioni improvvise sono relativamente rare, (si verificano solo in circa il quattro per cento delle osservazioni) ma aumentano significativamente al diminuire dell’altitudine di sorvolo. Le immersioni improvvise diventano più frequenti al di sotto dei 23 metri di altitudine. È stato notato anche che le immersioni improvvise sembravano essere più comuni quando si volava su grandi gruppi. Questa scoperta, però, è risultata inaspettata: gli studi precedenti sui delfini suggerivano che i piccoli gruppi sono più inclini a essere disturbati. Tuttavia, uno studio recentemente pubblicato che ha esaminato l’impatto dei droni sui delfini tursiopi ha riscontrato lo stesso trend di disturbo che aumenta con la dimensione del gruppo. Gli autori hanno suggerito che ciò è dovuto all’effetto “molti occhi”, in cui i grandi gruppi sono più vigili perché ci sono più animali che scansionano la presenza di minacce. 

È stato scoperto che le immersioni improvvise si verificavano comunemente quando il drone si avvicinava per la prima volta alle balene. Ciò suggerisce che le balene potrebbero essere spaventate dall’avvicinamento iniziale del drone. 

I ricercatori del team, dopo una revisione della letteratura che esamina l’impatto dell’altitudine del drone su altre specie di balene e delfini, hanno scoperto che il disturbo causato dal drone non veniva rilevato sopra i 30 metri di altitudine. È interessante notare che il disturbo causato dal drone sembrava più probabile quando gli autori includevano descrizioni dettagliate di come il disturbo veniva valutato e misurato, facendo pensare ad un bias metodologico che suggerisce che il disturbo causato dal drone potrebbe essere ignorato quando i ricercatori non lo cercano esplicitamente. 

Inoltre, i ricercatori del team hanno scoperto che la maggior parte degli studi che esaminavano l’impatto dei droni sulle balene e sui delfini utilizzavano piccoli droni (meno di cinque chilogrammi), che sono molto più discreti dei grandi modelli di droni di oltre 10 chilogrammi che vengono frequentemente utilizzati nei programmi di ricerca moderni. 

Pertanto sono state formulate sette raccomandazioni per le future ricerche che utilizzano droni a scopo di monitoraggio, osservazione e registrazione dei comportamenti di cetacei quali balene e delfini, una sorta di vademecum di sostenibilità nelle ricerche scientifiche:

  1. Gli studi con droni sulla specie beluga dovrebbero mantenere un’altitudine di almeno 25 metri.
  2. I ricercatori che utilizzano droni per studiare balene e delfini dovrebbero bilanciare il beneficio conservativo dei voli a bassa quota con il potenziale disturbo.
  3. I piloti dovrebbero usare particolare cautela quando volano su grandi gruppi.
  4. I piloti dovrebbero usare particolare cautela quando si avvicinano per la prima volta a un gruppo.
  5. I piloti che utilizzano grandi droni (quelli con un peso superiore a 10 chilogrammi) dovrebbero essere particolarmente vigili rispetto ai disturbi causati dal drone e dovrebbero riportare gli effetti dei grandi droni su balene e delfini.
  6. I futuri studi con droni dovrebbero definire chiaramente i comportamenti di disturbo che saranno osservati.
  7. Utilizzando un approccio precauzionale, i piloti di droni dovrebbero evitare accelerazioni improvvise, evitare di avvicinarsi agli animali frontalmente e mantenere particolare cautela in condizioni di scarso vento. Riducendo l’impatto del disturbo delle ricerche su balene e delfini, possiamo contribuire a proteggere questi animali straordinari.

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